lunedì 31 agosto 2009

JAMA: LA DRAMMTICA POESIA DEL POPOLO CUBANO

JAMA: LA DRAMMTICA POESIA DEL POPOLO CUBANO

Panfilo è un uomo semplice che guidato dallo spirito del alcool girava le strade di La Habana senza aver bisogno di molta energia. Qualche anno fa Juan Carlos (alias Panfilo) fu estromesso dal posto di lavoro come marinaio. Sembra che l’alcool abbia sostituito el arroz y frijoles (riso e fagioli) o serva chimicamente di base per neutralizzare l’acido cloridrico. Panfilo passava le ore della giornata senza pensare alla sua vicenda -non quella lavorativa- bensì alla drammatica situazione di tutto il paese. Dopo tutto a Cuba anche se lavori trenta giorni di fila, alla fine del mese non potrai portare a casa più di 15 dollari.

Un giorno Panfilo, per dimenticare la mortificazione che provocava all’anima le domande del misero stomaco decise di punire il secondo. Al posto del acido cloridrico arrivò l’alcool: una emergenza chimica per neutralizzare l’acido che mortifica corpo e anima.

Panfilo, conosciuto da tutti alla Habana girava relativamente felice con la sua nuova professione, alcoolista.

Un giorno mentre in mezzo alla strada si realizzava un’intervista amatoriale ad un fan della musica del momento, Panfilo s’infilo e disse quello, a cui tanto ci teneva; una ferita nel cuore che adesso si era spostata e provocava bruciore alla lingua: gridare con tutta la sua fica forza, comida (alimento); “jama”, in forma dialettale, che significa tutto ciò che si porta in bocca per nutrirsi. E’ semplicemente, il sincero slogan - che si oppone agli apocalittici Patria o Muerte, o Socialismo o Muerte – che grida il Panfilo da qualche mese.“Jama”, è per lui, forse per milioni, il primo bisogno del popolo cubano. Anche se non lo disse esplicitamente quel giorno lo dichiara implicitamente: il povero Panfilo, sa che a Cuba la musica non manca, forse non avanza, ma si vive praticamente cantando e ballando anche se chi oggi balla e canta, domani potrebbe suicidarsi (Cuba ha il primato di tutta l’America), senza mettere sulle statistiche, coloro che si suicidano su una zattera o sul carrello di un aereo. Angeli che mettono le ali allo spirito per viaggiare per ultima volta, o al meno una volta nella loro vita verso la libertà o in libertà.

Nelle sue naturali limitazioni in materia politica, Panfilo non parla di libertà, ma parla di diritto. Il diritto alla jama (a nutrirsi). Nemmeno il diritto a dichiarare la propria fame - perché tutto marcia storto a Cuba – ha il popolo cubano.

La tecnologia, comunque gli sta giocando un brutto scherzo al regime della Habana. Nessuno al mondo negli ultime decadi del ventesimo secolo sapeva – mentre la coscienza di milioni di cittadini del pianeta veniva colpita dall’immagine di Nelson Mandela, di cui si diceva fosse il prigioniero politico più antico del mondo – che Mario Chanes de Armas; compagno di Castro sin dal 1953, insieme a migliaia di cubani costretti al silenzio, marciva in una cella di castigo per non accettare il regime carcerario imposto dal suo ex-compagno: scontò le eroe Mario Chanes de Armas - ne un giorno di più, ne un giorno di meno - 30 anni di prigione, per burlarsi, una delle sue frustrazioni di Castro, di quello che a Chanes avanzava e a lui mancava, il coraggio. L coraggio di Castro si deve aggiungere alla lista dei falsi e perversi miti della storia.

La registrazione dello sfogo di Panfilo poi girò il mondo. Dopo pochi giorni viene realizzata una intervista direttamente a Panfilo, nella quale il disperato chiede alle persone che hanno fato girare la registrazione di non fare più propaganda sulla sua storia. Dichiara d’essere stato convocato e avvertito dai servizi segreti di stare zitto; e sembrava non voler più ascoltare la propria coscienza: stare zitto per il resto della sua vita o per il resto della vita del castrismo (era proprio depresso e il terrore parlava per se). Tuttavia qualche giorno dopo la seconda comparsa di Panfilo sullo schermo, il mondo cubano del esilio rimaneva meravigliato del nuovo giro di Panfilo; sul lungomare “habanero”, ballando in omaggio all’ultimo istante di libertà, ripeteva al mondo il suo messaggio iniziale: jaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaama. Chiese quella volta a qualcuno che lui non menziona di aiutare la famiglia. Era convinto che da quel momento in poi, sarebbe stato arrestato e condannato o scomparso. Nel giro di pochi giorni Panfilo era condannato a due anni di carcere. L’accusa? “Peligrosidad social predelictiva”. Una misura incostituzionale, per rinchiudere le idee chiare che affiorano dopo un raptus di dignità o sul menisco di un bicchiere di rum . Strana legge, sorella gemella della “Ley de idoneidad” , applicata nel 1990 contro la mia persona per estromettermi dal posto di lavoro: l’ argomentando? Non ero idoneo politicamente per la lavorare nel settore turistico.

A volte nel mio sforzo per trasmettere qualcosa di veritiero della nostra storia ai cubani, mi rendo conto della forza che ha l’effetto delle immagini. I migliaia di morti nello Stretto della Florida, le vittime in guerre su tutto il mondo, le fucilazioni, i morti in carcere in seguito allo sciopero della fame o per mancanza di assistenza medica in prigione, creano certa contrarietà momentanea all’interlocutore cubano, ma purtroppo, dopo poco tempo, l’effetto sparisce della coscienza del soggetto. L’immagine di Panfilo, invece, è rimasta profondamente nel cuore dei cubani su tutto il mondo. Si tratta del nostro carattere mezzo mediterraneo, per giunta caraibico, cui si mostra tante volte con certo infantilismo e superficialità davanti a cose molto serie e paradossalmente drammatizza altre meno importanti. Panfilo è diventato pure un oggetto di intrattenimento, la sua simpatia, il suo carisma e modo di dire tocca a tutti nel profondo della coscienza nazionale. Con la sua voce affetta dall’alcool, Panfilo dà il registro artistico che piace ai cubani, non gli sfugge nemmeno una nota, quando grida, “jama, comida”. Panfilo è una specie di tragico-comico e la sua opera, una poesia, la poesia del momento (non si poteva sognare Panfilo, di diventare creatore di uno stile per cinema breve. La poesia più letta dai cubani in esilio senza dubbio, è intitolata JAMA . lacrime e sorrisi ha strappato Panfilo con la forma e il contenuto di suo sfogo: stilo panfiloniano. Panfilo passerà alla storia come un riformatore della della lotta contro i regimi comunisti, il creatore del nuovo teatro dissidente che produce risate e lacrime.

Vorrei ricordare alle persone e le “istituzioni” solidali con la causa cubana, il dramma delle prigioni cubane, dove marciscono centinaia de persone per motivi politici e altre per violare assurde leggi (ammazzare la propria mucca). Un mese fa è caduto in disgrazia il medico Darsi Ferrer. Oscar Elias Biscet, un ribelle medico di razza nera soffre già da 9 anni il rigore delle celle d’isolamento, una vera tortura e mortificazione inflitte dal regime di Fidel Castro, ma dovrei dire pure, che curiosamente la storia di Biscet, nonostante allo sforzo di diverse organizzazioni di diritti umani, rimane in una sorta di oscurità mediatica. Non fece lo stesso l’unione Europea (premetto non condividere la filosofia della divisione) con qualche altro leader dell’opposizione al’interno di Cuba. Mistero europeo. Del resto delle famose istituzioni internazionali che potrebbero denunciare la situazione cubana, è meglio non parlare. L’OSA (Organizzazione di Stati Americani) è diventata un covo di cospirazione in favore del comunismo tardivo in America e contro la crescita della democrazia nel nostro interessante, ma complesso continente

Carlos Carralero . Milano, 27 – o8- 09.


giovedì 27 agosto 2009

La disinformazione trionfa in Honduras

Intervista a Carlos Carralero, scrittore cubano esule in italia

di Stefano Magni

I media italiani si occupano relativamente poco di quel che sta avvenendo in Honduras e nell’America latina. Si sa solo che c’è stato un “golpe” contro un presidente democratico che ha insediato un governo sostenuto dai militari e guidato da Roberto Micheletti, mentre sia gli Usa che i Paesi dell’America Latina vogliono il ripristino della “legalità”.

Ma l’immagine che ci arriva è molto distorta rispetto alla realtà. Né si comprende appieno l’importanza di quella lotta politica così lontana dalle nostre case. “Con sfumature diverse, assistiamo sempre alla stessa tecnica di comunicazione della sinistra, sperimentata da decenni con Cuba e con il Venezuela. I media di sinistra disinformano più che informare sugli eventi del continente sudamericano” - spiega a L’Opinione Carlos Carralero, scrittore dissidente cubano esule in Italia dal 1995 - “Quando l’informazione arriva così trasformata non si fa altro che uccidere la realtà e si privano i popoli e i governi occidentali della capacità di prendere decisioni e agire con obiettività”.

Su cosa avrebbero taciuto i media?

Non si dice nulla di quel che stava facendo il presidente Manuel Zelaya: stava cercando di modificare la Costituzione per diventare presidente a vita. Che, nell’America Latina, è sempre stato il primo passo per la nascita di una nuova dittatura: è la stessa cosa che fece Fidel Castro a Cuba, lo stesso percorso che compì anche Hugo Chavez in Venezuela. Non si dice che l’Honduras, con Zelaya, è diventato già uno dei nove membri dell’Alba, un blocco di Paesi sempre più destabilizzante, un vero e proprio “Medio Oriente dell’America latina”, con tanto di petroldollari (venezuelani) e progetti di sovversione“.

Su cosa i media internazionali starebbero disinformando?

Si sono ”accorti“ che stava succedendo qualcosa in Honduras solo per parlare di un ”golpe“ contro il presidente. Roberto Micheletti è definito un ”golpista“ e si afferma che ”abbiamo esportato un golpista“ per la sua origine italiana. Ma non si è detto che su Zelaya pendono ben 19 capi d’accusa. Stava violando la Costituzione. Dopo i primi avvertimenti, il presidente ha cercato di sostituire i vertici militari. E questo è sempre il primo passo degli aspiranti dittatori: quando un capo di Stato vuole trasformare il suo Paese e assumere pieni poteri, prima di tutto si assicura il controllo dell’esercito. Non si è neppure mai detto che il cosiddetto ”golpe“ non ha alcuna caratteristica di un colpo di Stato: nessuno è stato ferito o ucciso durante la rimozione del presidente. Non un solo colpo è stato sparato. Invece riguardo ai disordini del 5 luglio, quando Zelaya ha tentato un rientro forzato in Honduras, non si è detto che quella, di fatto, è stata un’operazione militare diretta dall’Avana, Managua e Caracas. Mentre l’aereo sorvolava l’aeroporto di Tegucigalpa, una manifestazione di sostenitori di Zelaya cercava a tutti i costi di provocare disordini, per gettare il Paese nel caos.

In che misura è coinvolta Cuba in questa crisi?

Chavez ha dichiarato di essere rimasto perennemente in contatto con Castro e con Ortega durante il tentativo di rientro di Zelaya. L’Honduras è un capitolo in più del castrismo. Durante tutta la Guerra Fredda, l’obiettivo della Cuba di Castro fu l’esportazione della rivoluzione in America centrale, prima con la guerriglia, poi con i servizi segreti. L’unico Paese che non fu toccato dal castrismo fu il Messico, mentre l’Honduras fu pesantemente infiltrato dai cubani. E’ proprio di questi giorni la notizia del rientro in patria di circa 145 consulenti cubani presenti in Honduras. Li rimpatriano, perché secondo Castro non sono sicuri Quindi L’Avana usa sempre i soliti metodi.

Quindi Cuba pensa che l’Honduras sia una battaglia persa?

Per ora sì, ma la situazione può ancora ribaltarsi, perché la democrazia honduregna è stata del tutto abbandonata dall’Oas (Organizzazione degli Stati Americani) dall’Unione Europea e anche dagli Stati Uniti. Tutti loro premono per un ritorno di Zelaya. E qui la disinformazione sta facendo la parte del leone: il mondo non sa quel che sta accadendo in Honduras, le opinioni pubbliche sonosempre state contrarie ai colpi di Stato e per questo c’è più simpatia per Zelaya, che viene visto come ”vittima“ di un golpe. Che non c’è. Dal meno informato ai politici, tutti pensano che Zelaya debba tornare presidente. A questo punto non abbiamo più solo un fenomeno di disinformazione, ma di vera malafede. Se il mondo non condanna un aspirante dittatore e condanna, invece, chi difende la democrazia, allora la piega che prendono gli eventi è veramente negativa.

sabato 6 giugno 2009

Il diritto d’asilo anche dei cubani

Sono consapevole che nel micromondo della nazione cubana, un uomo solo, rappresenta una piccola particella in un caotico stato spirituale, se condivide il comune sentire del paese. Nel caso specifico, le angosce di varie persone condensate in ciò che resta della coscienza nazionale. Inoltre conosco bene i limiti nazionali, la solitudine, il destino tipico di un’isola e la geopolitica come causa o predestinazione, portata con fatica per alcuni secoli sulle fragili spalle di un’identità politicamente ingenua.

Nonostante tutto, trovo esagerato il prezzo che dobbiamo pagare per il solo fatto di essere cubani. Nessuna organizzazione umanitaria italiana si preoccupa di creare e di accettare progetti tesi ad alleggerire l’entusiasmo di Mezzo Secolo. I direttivi e gli organizzatori delle istituzioni italiane, assicurano che a Cuba le necessità primarie, sono garantite dallo Stato. Falso. Per esempio, la Caritas Ambrosiana, di Milano (le riconosco pregi e sforzi: non sono un ingrato) e altre simili organizzazioni creano diversi progetti per l’Africa o per nazioni latinoamericane (e mi sta bene). Cuba è un paradiso e quindi non ha bisogno di aiuto, pure se è soltanto l’ultimo inferno del socialismo reale. Coloro che dicono di aiutare Cuba, i componenti dell’Associazione Italia – Cuba e altre organizzazioni, lo fanno tramite il governo, che comanda e dspone a suo piacimento. Molti si prestano a lavorare come spie (come se non bastasse la superiorità di mezzi che ha l’oppressore nei confronti dell’oppresso). Abbiamo esaurito tutti i sistemi per protestare: vogliamo che ai cubani venga riconosciuto lo status di esiliati e di perseguitati politici, come ne hanno goduto altri popoli, pure loro vittime di crudeli ma brevi dittature, perniciose, ma di sicuro meno nocive dei fratelli Castro per la nostra Isola: mezzo secolo di potere assoluto equivale a essere annichiliti per sempre. Le selvagge tirannie latinoamericane sono state ripudiate da tutto il mondo civilizzato. Condivido questo sentimento. Resta il fatto che i loro dissidenti ed esiliati sono stati accolti a braccia e cuori aperti: invece i dissidenti cubani vengono ricevuti con le braccia piene di ortiche e i cuori colmi di veleno. Salvo rare eccezioni.

C’è da dire che molti cubani che richiedono asilo politico in Italia sono stati vittime di irregolarità, di capricci e di ingiustizie che rispondono a un’ideologia: i funzionari che hanno un po’ di potere non credono ai concetti umanitari e ai loro doveri. Il medico Gerardo García e sua moglie Dora Castro sono un esempio tangibile di questa fastidiosa ma inconfutabile affermazione, visto che hanno sofferto ben sette anni tra asilo politico negato, appelli e ricorsi. Il tribunale di Milano ha dichiarato che il dottor García era necessario come professionista sanitario per la comunità cubana (soltanto di García non si può fare a meno, nonostante circa 35.000 medici siano al servizio della popolazione venezuelana, boliviana, equadoregna etc., e pure del populismo di Chávez, Morales e Correa). Il dottor Gerardo García è stato un oggetto del capriccio castrista. Al medico è toccato in sorte lo stesso destino del bambino Elián: essere scelto per lo show di turno in onore di Castro. Non si contano i sofferenti protagonisti del lungo e crudele spettacolo che Castro ha messo in scena in oltre mezzo secolo. La Mayéutica ci porta ad affermare che i grandi specialisti cubani di medicina non studiarono e non si specializzarono per curare malati, ma per mantenere bene in salute il populismo sudamericano. García ha terminato la sua parte di recita, ma ci sono altri cubani in Italia che si vedono negare il diritto di asilo e corrono gli stessi rischi.

La dittatura cubana, signori delle commissioni per l’asilo politico e del tribunale, è la più lunga del pianeta. In questo contesto non possiamo metterci a spiegare i motivi del nostro record negativo. La popolazione cubana vive annullata e soffre di varie sindromi: la vulnerabilità acquisita, per esempio, è la malattia più nota tra gli studiosi del tema; a forza di sofismi e minacce, che all’inizio sono sottili, ma in un secondo tempo diventano brutali e ciniche.

Come attivista dei diritti umani in Patria, fondatore in Italia dell’Unione per le Libertà a Cuba, posso assicurarvi che negare il diritto di asilo ai cubani perseguitati, che dichiarano il loro timore di tornare a Cuba, è una grave violazione del diritto internazionale stabilito dalla Convenzione di Ginevra e dalla Carta delle Nazioni Unite, organizzazione che annovera anche l’Italia. Non tutti gli italiani lo sanno. Per questo riporto ciò che dice la legge italiana e la carta ONU:

La Costituzione Italiana all'art.10 comma 3 sancisce che "lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge".

Il vero e proprio diritto d'asilo è riconducibile a questo articolo costituzionale e presuppone che al richiedente sia impedito nel paese d'origine l'esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.

A tutt'oggi non esiste però ancora in Italia una legge nazionale organica sul diritto d'asilo: pertanto il riconoscimento dello status di rifugiato si basa sull'applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951.

È in questa Convenzione che viene data per la prima volta una definizione generale e internazionalmente riconosciuta di "rifugiato" e di tutti i diritti che sono conseguenti al riconoscimento di tale status.

Secondo l'art.1 della Convenzione di Ginevra sono quattro i requisiti necessari per il riconoscimento dello status di rifugiato:

1. La fuga dal proprio paese. Il rifugiato, per essere riconosciuto tale, deve essere materialmente uscito dal proprio Paese.

2. Il fondato timore di persecuzione. Non occorre soltanto che il timore di persecuzione sia reale, ma anche che sia rivolto in modo diretto alla persona che chiede asilo. Lo status di rifugiato è in molti casi negato proprio sulla base delle generalizzazioni delle cause che hanno indotto alla fuga e alla ricerca di protezione; infatti, ad essere vittime di una guerra o di una diffusa violazione dei diritti umani sono spesso intere popolazioni e non singoli individui.

3. Motivi specifici di persecuzione. La persecuzione, temuta o subita, deve essere operata in ragione di uno dei motivi indicati dallo stesso art.1 della Convenzione. Attualmente a livello internazionale è in corso un dibattito sulla possibilità di rivedere e ampliare le cause di persecuzione.

4. L'impossibilità di avvalersi della protezione del proprio paese d'origine. Il richiedente asilo deve trovarsi nella condizione di non potere, né volere rivolgersi alle autorità del suo Paese. Questo perché il cosiddetto agente di persecuzione (chi perseguita), può essere direttamente il governo del Paese oppure un altro soggetto da esso tollerato e non contrastato.

Il punto 4 ci evita lo sforzo di dover riempire fogli su fogli, esprimendo argomenti in favore dei cubani. Quasi tutti i cubani residenti in Italia sanno – e la maggior parte non lo dichiara perchè teme rappresaglie – che le rappresentanze diplomatiche non rappresentano nessun cittadino. Le ambasciate e i consolati rispondono, persino con il disgusto di alcuni diplomatici, a un’organizzazione come il governo cubano, che ha come esclusivo interesse il mantenimento del regime dittatoriale. I cubani che viaggiano all’estero, invitati da amici o familiari, devono pagare una tassa per la permanenza fuori dai confini, dopo aver pagato allo Stato usuraio prezzi esorbitanti in moneta convertibile, che possono essere sosternuti solo da chi invita. A Cuba, infatti, esiste un assurdo doppio sistema monetario e il salario di un impiegato non serve a pagare neppure un decimo dei documenti richiesti per viaggiare: passaporto, visto, Carta Bianca, etc.

In Italia non c’è straniero più abbandonato al proprio destino del cubano, a parte la solidarietà di qualche anima caritatevole. Secondo la maggor parte degli italiani, i cubani non hanno motivi validi per chiedere asilo politico. È un fatto strano che in questo paese si parli sempre di immigrazione e poco di rifugiati politici: una condizione estremamente delicata, perchè chi fugge per motivi politici non può tornare, come chi lo fa per ragioni economiche. Le autorità possono fare una distinzione? Sì. Ma davvero la vogliono fare? No. Ogni rifugiato politico, cubano o meno, merita di essere ascoltato e trattato secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Ginevra. Chiedo alle autorità italiane, al tribunale incaricato di decidere questi casi con comprensione e umanità, anche per i cubani. I condannati all´´indifferenza o all´incompresione questa vota sono: Eduardo Garcia Rodríguez, William del Sol Melián ye Carlos Idalgo García, vittime delle anche loro delle “mancanze” della commisione per l´asilo politico a Roma. Italiani, aiutiamoli.

Europei, non lasciateci soli nelle mani dei castristi, come un tempo avete abbandonato gli ebrei negli artigli dei nazisti!

Carlos Carralero, presidente Unione per le Libertà a Cuba